Cinema

Speciale da Londra: "Bobby"

Speciale da Londra: "Bobby"

Già presentato a Venezia, ecco “Bobby” al London Film Festival, in data 26 ottobre 2006. I londinesi paiono apprezzare, non fosse altro che per il cast eccezionale. Diretto dall’ex Attore-Ora-Regista Emilio Estevez, riapparso magicamente dopo un periodo di oblio immotivato, “Bobby” porta in scena nomi come Sua Maestà Anthony Hopkins (ex Cannibale e ex vittima della Morte più bella del Mondo, Brad Pitt), Helen Hunt (splendida come sempre), Demi Moore (ex Soldato Jane, ora cantante – e che bella voce!), Elijah Wood (Frodo in nuova versione anni ’60). Ci sono anche Sharon Stone e la graziosa Lindsay Lohan, neo-confessa di essere (ex) drogata. Problemi suoi, ma le va riconosciuto che nel film non pecca ed è ben lucida. E’ il 5 giugno 1968. A Los Angeles, all’Hotel Ambassador, è atteso Robert Kennedy (eccolo, il Bobby del titolo) che rilascerà una conferenza stampa sulla sua recentissima vittoria alle primarie della California. Destino familiare avverso in agguato: come per il fratello John, arrivano pallottole anche per lui. Che, ovviamente e come la Storia insegna, muore. Ma il film di Estevez non è una ricostruzione dell’evento, non è una sorta di “JFK” documentaristico. Quello che fa Estevez è presentare l’avvenimento attraverso altri occhi. Quelli di altre persone, sulle quali il focus è spostato. Molte di loro (77), in quella sparatoria, rimasero ferite. Gente comune che si ritrova, suo malgrado, a fare parte del tragico evento e a passare alla Storia come compartecipante. Camerieri, staff dell’hotel, supporters elettorali, ospiti VIP dell’hotel. Eccoli qui i veri protagonisti del film. Bobby e la sua tragica fine ne sono lo sfondo. Viene sì ricostruita la sua ultima notte di vita, ma dal punto di vista di queste altre 22 persone. Film forse a tratti troppo sentimentale e malinconico, un po’ retorico sotto alcuni aspetti, ricorda molto “Nashville” di Robert Altman (1975), soprattutto per la polifonia di base. Resta un mistero il perché Estevez l’abbia definito “un inno alla speranza” (se è la resurrezione dell’America contro i cattivi, basta banalità, please!), ma si tratta comunque un lavoro importante, con cast di rilievo, nonostante la realizzazione a basso costo. Da segnare in agenda per quando uscirà.